Origini e Storia

Vari ritrovamenti archeologici, tra i quali spicca quello importantissimo della necropoli "golasecchiana" di Loreto ed oggetto della mostra "Conubia Gentium", testimoniano una diffusa presenza insediativa distribuita su tutto il territorio oleggese

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Vari ritrovamenti archeologici, tra i quali spicca quello importantissimo della necropoli "golasecchiana" di Loreto ed oggetto della mostra "Conubia Gentium", testimoniano una diffusa presenza insediativa distribuita su tutto il territorio oleggese, confermata nei secoli dal permanere, sino ai giorni nostri, di numerosi nuclei frazionali.

Le testimonianze, seppur numericamente contenute, confermano comunque l'importanza che Oleggio ebbe nella storia della provincia risultando sino alla meta' del XX secolo il borgo piu' importante, numericamente ed economicamente, del medio novarese.
Gli Ittimoli, cercatori d'oro stanziati nella vallata del Ticino, i Vertamocori, i Romani, i Longobardi e i Franchi sono alcune delle popolazioni e delle culture testimoniate che si sono susseguite nei secoli sul territorio oleggese sino alla seconda meta' del 900 d.C., periodo a cui risalgono i primi documenti scritti relativi ad Oleggio, denominato a volte anche come "Scarulfo", aggettivo di chiara matrice longobarda.
In quest'epoca, che quasi certamente vide lo svilupparsi ed il prevalere dell'abitato centrale a seguito dell'incastellamento conseguente alle invasioni degli ungari, Oleggio era soggetto ai potenti conti di Pombia, fidi rappresentanti del potere imperiale; passo' poi sotto il dominio del Comune di Novara, dopo la sconfitta dell'imperatore Federico "Barbarossa" ad opera della "Lega Lombarda".

In questo periodo il territorio era per lo piu' di proprieta' di importanti famiglie novaresi tra le quali sono da citare i Tornielli ed i Cavallazzi che possedevano anche il castello di Galnago, dominante la strada che collegava, anticamente, Ivrea con il Seprio. E' quasi certo che Galnago fosse indipendente da Oleggio: infatti aveva anche una sua chiesa parrocchiale, l'ancora esistente "Beata Vergine Annunziata", testimoniata in documenti del 973. Presso il castello di Galnago, nel 1302, si rifugio' Matteo Visconti subito dopo la sua fuga da Milano. Furono proprio i Visconti, signori di Oleggio in epoca tardo-medioevale, a determinare lo sviluppo del paese; famosa e' la frase attribuita a Barnabo' Visconti: "Olegium, erit civitas, et magna civitas".

Precedentemente, pero', un suo antenato, Galeazzo Visconti, fece radere al suolo le fortificazioni del borgo oleggese, contestualmente a numerosi altri castelli dell'area novarese tra cui quelli di Mezzomerico e di Marano Ticino, per creare la "terra bruciata" all'invasione della "Compagnia Bianca", costituita da migliaia di mercenari scozzesi agli ordini del famoso capitano di ventura John Akwood, italianizzato poi in Giovanni Acuto, allora al servizio del marchese di Monferrato che contendeva al Visconti le terre del novarese.

Di Barnabo' Visconti occorre ricordare anche la sua leggendaria e particolare predilezione per le terre di Oleggio dove la tradizione vuole che egli facesse allevare dalla popolazione locale i suoi numerosi ed amatissimi cani per la caccia a cavallo (attivita' venatoria ampiamente praticata da sempre nelle brughiere della vallata del Ticino sino agli anni subito antecedenti alla seconda guerra mondiale e della quale e' documentata anche la presenza tra i cacciatori di G. D'Annunzio).

E, continua la leggenda, fu proprio un popolano di nome "Pirin" che cerco' di assassinare il duca milanese offrendogli dei "tapit" (tipico ed originalissimo dolce oleggese) avvelenati, ma da questi scoperto e condannato a morte; da qui trae origine la maschera locale, appunto del "Pirin ad San Du'na'", alla quale vengono affidate le chiavi della citta' durante il periodo di carnevale e del quale sono famose le salaci arringhe alla popolazione durante il discorso di apertura del "Carnevale oleggese" (tra i piu' vecchi e prestigiosi d'Italia).

Ritornando alla storia, ai Visconti succedettero gli Sforza, poi i francesi e subito dopo gli spagnoli, con una dominazione crudele e particolarmente repressiva durante la quale si ebbe la triste, ma sintomatica, intitolazione di un luogo: il "prato della forca".

In questo triste periodo sono da ricordare anche le epidemie di peste bubbonica, una anche citata e ben descritta dal Manzoni, che decimarono la popolazione: i decessi si succedevano con ritmo talmente sostenuto che il parroco ne sospese la registrazione non riuscendo piu' a mantenerne il conteggio. Agli iberici succedettero nel 1713 gli Asburgo che, a loro volta, dovettero riconoscere la sovranita' sabauda di Carlo Emanuele III sulle terre novaresi con il trattato di Vienna del 1735 e che perduro' sino all'unita' d'Italia, con la sola interruzione dell'epopea napoleonica.

In quest'ultimo periodo Oleggio viene riconfermato nella sua qualita' di borgo preminente rispetto ai paesi del circondario con l'erezione a sede del "Cantone 2° del distretto di Novara del Dipartimento dell'Agogna".

A meta' del XIX secolo venne edificata la stazione ferroviaria, importante (ed ancor oggi confermato) nodo di collegamento con la Svizzera che diede maggior vigore all'economia locale ed agli scambi commerciali che avevano, ed hanno tuttora, nel "mercato del lunedi'" (la cui istituzione si perde nella notte dei tempi) la piu' tangibile manifestazione.

Numerosi cittadini oleggesi contribuirono a scrivere la storia italiana sino ai giorni nostri, partecipando attivamente all'unita' d'Italia (dalle guerre d'indipendenza alla prima guerra mondiale); alcuni furono quotati esponenti dell'"era fascista", altri furono validi partigiani durante la "liberazione".

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Pagina aggiornata il 15/05/2024